Si chiama “social freezing”, ed è la crioconservazione degli ovociti a scopo riproduttivo, per preservare la fertilità futura della donna. La pratica è da anni effettuata per le pazienti che, sottoposte a terapie come chemioterapia e radioterapia per patologie oncologiche, corrono il rischio di non poter avere più figli. Nel caso del social freezing però il prelievo e la conservazione degli ovuli si applica a donne sane, che non sono sottoposte a cure particolari, ma che oggi non vogliono avere un figlio e che rimandano la maternità negli anni a venire. In un’intervista sulle pagine di Repubblica Maurizio Bini, responsabile del Centro di Diagnosi e Terapia della sterilità e crioconservazione, descrive l’attività dell’equipe che coordina, con uno sguardo sulla possibilità, introdotta di recente a Niguarda, primo centro pubblico ad aprire a questa modalità di crioconservazione degli ovuli anche per le donne senza patologie che impattano sulla loro fertilità.

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